giovedì 14 novembre 2013

La mozzarella Dop? Una bufala


I grandi produttori hanno realizzato per anni il pregiato 'oro bianco' impiegando illecitamente latte congelato e proveniente dall'estero. E chi aveva istituzionalmente il compito di vigilare, ha chiuso un occhio. Se non tutti e due.

La mozzarella Dop? Una bufala

Un tempo, per capire se era buona, bastava fare quello che, in Miseria e nobiltà, Enzo Turco suggeriva a Totò: "Premi: se cola il latte, la prendi; altrimenti desisti". Ma ormai, nemmeno la garanzia del marchio di tutela comunitaria, che dovrebbe corrispondere al rispetto un rigoroso disciplinare, sembra sufficiente per sentirsi al riparo dalle sofisticazioni. Perché, nell'epoca della globalizzazione, c'è chi ha immaginato di "globalizzare" anche la mozzarella di bufala campana Dop. In che modo? Realizzandola con latte a basso costo e di bassissima qualità - o cagliata congelata - proveniente per lo più da Paesi dell'Est.

E' quanto emerge da un'inchiesta condotta da alcuni pm della Dda di Napoli (Giovanni Conzo, Alessandro D'Alessio e Maurizio Giordano) che, indagando sui rapporti tra il re della mozzarella Giuseppe Mandara (titolare dell'omonimo caseificio, oltre che del marchio Alival) e il clan La Torre di Mondragone, si sono trovati di fronte ad un ulteriore filone di indagine. L'hanno chiamata "operazione bufalo". Ma nella vicenda "la bufala" è soprattutto quella apparecchiata ai danni dei consumatori.

La procura ipotizza l'esistenza di un vero e proprio sistema, un'associazione a delinquere tra controllati e controllori. I grandi produttori hanno realizzato per anni la mozzarella impiegando illecitamente latte congelato e/o proveniente dall'estero. E chi aveva istituzionalmente il compito di vigilare, ha chiuso un occhio. Se non tutti e due.

Al vertice, secondo i pm, ci sarebbe lo stesso Mandara, arrestato lo scorso 17 luglio proprio per i rapporti con i La Torre e poi rimesso in libertà dal tribunale del riesame due settimane dopo. Nell'ordinanza, viene definito "promotore, organizzatore e capo del gruppo criminale". 

E' lui che impartisce le direttive all'ex presidente del Consorzio Luigi Chianese e all'ex direttore Vincenzo Oliviero, descritti come "meri esecutori nell'omettere i controlli presso i caseifici riconducibili all'associazione". E' lui che elabora strategie e tesse le fila dell'azione di lobbying per ottenere dal ministero delle Politiche agricole la modifica del disciplinare per l'utilizzo del latte congelato. E' presso i suoi stabilimenti Alival di Poggio Buggianese (Pistoia) che confluisce la cagliata estera proveniente dalla Lituania, dalla Polonia e dall'Estonia, poi distribuita a numerose aziende su tutto il territorio nazionale, e vengono realizzati – anche per conto terzi - latticini immessi sul mercato con la falsa indicazione del made in Italy. Ed sempre è lui, infine, quando la pressione dei Nas si fa più stringente, che blocca in maniera perentoria i distributori di latte estero: "Non deve rompere il cazzo, qua c'è un bordello in giro con il latte di bufala che non hai idea – commenta al telefono, con uno degli indagati, Lucio Vacondio, funzionario di una cooperativa tedesca – io gli dissi: tu assolutamente in Campania non devi portare latte di...".

Tuttavia, il gip Anita Polito ha ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo. Li ha riconosciuti solo per il reato di cui agli articoli 515 e 517 bis del codice penale: vale dire, la frode nel commercio con l'aggravante prevista per i prodotti a denominazione di origine. Per cui, ha negato l'autorizzazione all'arresto di Mandara, di Chianese, di Oliviero, e degli altri 36 indagati per i quali era stata richiesta la misura cautelare in carcere (tra loro, anche tre ex componenti del Cda del consorzio di tutela: Carlo Cilento, Raffaele Garofalo e Giuseppe Cirillo), nonché il sequestro di una trentina di caseifici. "Orbene – si legge nell'ordinanza del gip – quanto al fumus dei reati contestati, certamente va considerato sussistente il reato di cui agli articolo 515 e 517 bis del codice penale, apparendo evidente dall'esame degli atti trasmessi dal pm che almeno parte dei prodotti alimentari (mozzarelle o altri formaggi a pasta filata) fossero prodotti e poi commercializzati senza l'esatta indicazione in etichetta della reale provenienza del latte e della cagliata utilizzata, per lo più estera. Non si ritiene invece sussistente il periculum in mora (cioè il rischio di un danno grave ed irreparabile, ndr) ed in particolare l'attualità dello stesso. Gli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria si fermano, infatti, al settembre 2010: e non è dato di sapere se i prodotti alimentari di cui alla richiesta siano o meno ancora prodotti e commercializzati". I pm, però, hanno già fatto ricorso contro il provvedimento, rinnovando la richiesta di custodia cautelare e depositando nuove prove. L'udienza del riesame è fissata per il 30 novembre.

"E' VIETATO, TUTTI SANNO CHI CE L'HA, E NESSUNO DICE NIENTE"
E' il 22 gennaio del 2010. Vincenzo Oliviero – all'epoca direttore del Consorzio di tutela - si sfoga al telefono con una donna: "Il problema non è nemmeno il latte di mucca. Il problema è il latte concentrato, per il quale non si prende una soluzione: 'ste chiaviche continuano a farlo realizzando economie sui costi esagerate. Tanta roba, tante schifezze che arrivano dall'estero. Soprattutto ora che c'è mancanza di latte, che c'è una guerra del latte spaventosa. Se lo vanno rastrellando dove meno ti credi. Oggi sempre più aziende si mettono in concentratore e si fanno il latte concentrato. Viene tolta una percentuale di acqua e quindi conservato (congelato, ndr). Ci sono riduzioni di costi di stoccaggio. Non so cosa ci mettono dentro: dicono che c'è pure un aumento della resa. Forse è aggiunto siero di proteine. E' vietato, tutti sanno chi ce l'ha e nessuno dice niente".

Già, nessuno diceva e faceva niente. Nemmeno lui. E quello che accadeva era noto già da anni. Almeno tre, come dimostra l'intercettazione del 6 marzo del 2007 tra lo stesso Oliviero e Domenico Raimondo, attuale presidente del cda del Consorzio. 

Raimondo: "Io tengo un altro dubbio....". Oliviero: "Latte in polvere...?". Raimondo: "Sì, viene dall'India...". Oliviero: "Lui va in India a vedere questa roba?". Raimondo: "Non lo so... Mi sa che già arriva qualcosa e la usano pure... Sono cose che dobbiamo ragionare...".

E qualche giorno dopo, allo stesso Oliviero: "Debbono capire che le mozzarelle debbono farle con il latte di bufala della Campania, questa è la prima cosa e non bisogna transigere, se vogliamo bene a questo consorzio e a questa filiera".

COME ARRIVAVA IL LATTE DALL'ESTERO
In realtà, nelle 124 pagine dell'ordinanza del gip, di latte indiano non si fa più cenno. Anche se il riferimento di Raimondo sembra mirato all'attività dello stabilimento Cosma. Il 2 maggio del 2007 Luca Cantini, in seguito ad un controllo dei Nas, chiede a Mandara: "Ascolta Peppino, le fatture di Cosma le vogliono di quest'anno o dell'anno scorso?" Mandara: "2006 e 2007". 

Il 15 gennaio del 2007 ne parlano il solito Oliviero e Raffaele Garofalo, del Cda del Consorzio. Oliviero: "Hai visto l'impianto di Francolise?". Garofalo: "Sì, fanno concentrato di siero in polvere. Fanno bei prodotti: è uno dei più grossi d'Europa. E' già in produzione. Riducono proprio in polvere: la mettono dentro al sacco e la mandano in tutt'Italia. E' un concentrato. Lui è andato alla fase successiva, fino all'estremo: ha fatto proprio la polverizzazione. Il 75% è lattosio, lo puoi mangiare".

I pm ritengono certo l'impiego di latte estero per la realizzazione della mozzarella di bufala campana Dop. Ed anzi, ricostruiscono tutte le fasi del percorso. Fondamentale il ruolo di Alfio Pizzato, titolare della ditta Alpi, con sede a Bassano del Grappa (Treviso), e quello dei fratelli Passaro (Domenico, Paolo e Francesco)).

Pizzato aveva il compito di importare il latte da oltre frontiera e trasportarlo fino a Quarto (Napoli), presso lo stabilimento dei fratelli Passaro. "Le autocisterne – si legge nell'ordinanza – una volta giunte presso la società flegrea, trasferivano il latte nelle cisterne dei camion di proprietà dei fratelli Passaro, in spregio ad ogni vincolo di carattere igienico sanitario. Questi, infine, lo distribuivano ad aziende casearie delle province di Napoli, Caserta e Frosinone, facendolo figurare come latte locale proveniente da esuberi della raccolta giornaliera di aziende di trasformazione lattiero casearia".

Ma il gip è più prudente: "Le telefonate dimostrano unicamente l'esistenza di rapporti commerciali tra Pizzato i fratelli Passaro e gli interlocutori di volta in volta intercettati aventi ad oggetto il latte proveniente dall'estero. Ma non essendo stato accertato dove questo latte veniva impiegato, con quali indicazioni in etichetta (quasi tutti i produttori hanno una doppia linea: Dop e non Dop, ndr), non possono ricavarsi gravi indizi". 

Anche se poi lo stesso gip riconosce che "dai documenti emerge una netta discordanza tra il latte prodotto in zona Dop e la mozzarella di bufala campana, di gran lunga superiore". Nelle telefonate intercettate, il latte estero viene definito "giallo", per distinguerlo da quello "bianco", italiano, ma comunque proveniente dal di fuori dei confini dell'area Dop. I giudici considerano molto significativa la conversazione del 5 febbraio 2010 tra Giuseppe Mandara e Paolo Onorati: "Il contenuto della stessa - si sottolinea nell'ordinanza – chiariva in maniera inequivocabile il ruolo di Onorati Paolo, come 'banca del latte', facendo chiaramente intendere ciò che aveva sempre fatto per Mandara Giuseppe. Ovvero, la compravendita di latte da aree non Dop, per poi rivenderlo sempre a Mandara come latte Dop".

Ma il latte può essere anche "titolato", mescolando quello fresco a quello concentrato e congelato, come spiega Mandara ad Onorati: "Allora l'unica cosa che tu non puoi fare, come recita la legge n. 54, è aggiungere acqua. Questo è latte concentrato e fresco. Adesso ti mando la scheda".

LATTE ESTERO NON SOLO PER LA DOP
Il 23, 24 e 25 marzo 2010 i Nas ispezionano la sede dell'Alival di Ponte Buggianese, dove sono gli uffici amministrativi di tutto il gruppo che fa capo a Mandara e dove vengono realizzati prodotti lattiero-caseari ottenuti prevalentemente dalla filatura di cagliata estera. "Si appurava - si legge nell'ordinanza - che le materie prime impiegate nei processi di lavorazione sono in gran parte provenienti dall'estero. Il formaggio, impropriamente indicato come cagliata, e la ricotta vengono importati dalla Polonia; la caseina e il siero provengono dalla Nuova Zelanda. Solo nel mese di marzo del 2010 risultavano essere entrate circa 900 tonnellate di formaggio polacco prodotto dalla Mlekpol. Si rinvenivano inoltre circa 22 quintali di mozzarella suddivisa in blocchi da 11 kg denominata Rokiskio di origine lituana E sacchi di plastica da 25 kg contenente ricotta proveniente da uno stabilimento ubicato a Tinis, in Polonia". Ma in un'intercettazione si parla anche di una "giacenza di 93 mila e rotti kg di cagliata lituana". Questi prodotti venivano immessi sul mercato sia con marchio Alival che con etichette di altri operatori del settore (tra cui Granarolo, Parmalat, Castelli, Ciresa, ecc) come made in Italy. "Anzi – sottolineano i pm – veniva esaltata l'italianità del prodotto al fine evidente di trarre in inganno i consumatori". Ma quella materia prima è stata acquistata anche da numerose altre aziende, che poi immesso sul mercato prodotti qualificati come interamente ottenuti da latte italiano".

"VOGLIAMO USCIRE DALL'ILLEGALITA'"
In base al disciplinare di produzione, la mozzarella di bufala campana Dop dovrebbe essere prodotta esclusivamente con latte fresco proveniente dal territorio a denominazione d'origine (le province di Caserta e Salerno, per intero; e alcuni comuni di quelle di Benevento, Napoli, Frosinone, Latina, Roma, Foggia, Isernia), trasformato entro 60 ore dalla mungitura, acidificato con siero naturale e coagulato con caglio di vitello. 

Ma, a leggere l'ordinanza, quasi nessuno ottemperava alle regole scritte, che venivano continuamente calpestate. Ed allora la preoccupazione di tutti, di fronte ai controlli sempre più stringenti dei Nas, sembra essere quella di "uscire dall'illegalità". 

Non certo, però, cominciando finalmente ad utilizzare solo latte fresco prodotto nell'area Dop: "Bisogna modificare il disciplinare e consentire ai caseifici di utilizzare una percentuale di latte congelato o cagliata congelata - spiega Mandara in un'intercettazione - sono 20 anni che lo facciamo tutti quanti. Questa è la posizione. E la stessa posizione l'avrà Assolate, l'avrà l'Unione industriali, l'avranno tutti quanti".

In un'altra conversazione, Giuseppe Cirillo: "Siamo in difficoltà, questi qua ci fanno chiudere: noi facciamo tutti quanti delle frodi". E Luigi Griffo: "Se non utilizziamo il latte congelato il fatturato scende del 50%".

Il problema è che negli anni tutti hanno ammassato enormi quantità di latte congelato. Il titolare del caseficio Spinosa, ammette di averne "10 mila quintali" stoccati. Valore di mercato 1,3 milioni di euro. Carlo Cilento parla di "1 milione 750 mila litri nelle celle". Ma gli allevatori, ovviamente, si oppongono con decisione alla modifica del disciplinare. Perché il prezzo pagato alle stalle è irrisorio, e il timore è che precipiti ulteriormente. Anche pochi mesi fa, nonostante il cambio di gestione, il Consorzio ha provato nuovamente a far passare la modifica, con una delibera approvata in assemblea il 27 giugno: cioè solo pochi giorni prima che esplodesse l'inchiesta. 

Ma Confagricoltura si è messa di traverso. "E' uno scempio – ha spiegato il presidente regionale Michele Pannullo - non è certo alterando gli elementi caratteristici del prodotto che si può riuscire ad allargare il mercato. L'obiettivo perseguito dalla dirigenza del Consorzio di tutela sembra piuttosto quello di creare pesanti, inaccettabili condizionamenti agli allevatori". D'altro canto anche uno dei principali produttori di mozzarella Dop, Raffaele Garofalo (oggi tra gli indagati), in una conversazione di un paio d'anni fa, riconosceva: "A me sembra una pazzia". Anche se poi, in un'altra intercettazione, si mostrava più pragmatico: "Il latte congelato esisterà sempre. Se non si apre il disciplinare al latte congelato, i prodotti alternativi andranno in concorrenza".

ELIMINO UN REATO E LO FACCIO DIVENTARE LEGALE 
Ma illuminante, per comprendere lo scenario, risulta soprattutto l'audizione tenuta dall'ex presidente Chianese, di fronte al Comitato di garanzia nominato dal ministero delle Politiche agricole. Al coordinatore dell'organismo, il tenente colonnello dei carabinieri Marco Paolo Mantile, Chianese ammette candidamente le frodi nella lavorazione della mozzarella dop: "Loro lo sanno meglio di me: ci sono stati arrivi di pasta (cioè cagliata, ndr) dall'estero e l'utilizzo di latti diversi". E addirittura le usa come giustificazione per perorare l'apertura del disciplinare al latte congelato: "Elimino un reato e lo faccio diventare legale. Se tracci anche il latte congelato hai la possibilità di individuare tutto quello che non è area dop".

FONTE

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