martedì 19 novembre 2013

Pena di morte per danni ambientali in Cina

Le autorità cinesi hanno sicuramente capito le problematiche legate all’ambiente, ma forse è un segnale troppo forte. Da oggi in avanti in Cina chi provocherà danni molto seri all’ambiente sarà passibile anche di pena di morte.

Il governo cinese ha dichiarato che i villaggi del cancro esistono veramente: si tratta di città così inquinate da avere casi di tumori superiori decine di volte rispetto alla media del paese tanto che il tasso di mortalità per cancro è elevatissimo.
Secondo stime non ufficiali il numero di questi villaggi varia fra i 240 ed i 450, non ne fanno parte solo Pechino e le grandi città ma anche paesi e villaggi dove l’avvelenamento di aria, acqua e terra è così alto da portare la maggior parte della popolazione ad ammalarsi di cancro, con poche e rare eccezioni.

In Cina si passa spesso da un eccesso all’altro. In questo caso l’eccesso che non ci piace è la pena di morte anche se una punizione severe contro chi determina danni ambientali molto importanti è assolutamente irrinunciabile. Ma mai la vita.
Comunque, le autorità del governo centrale cinese hanno “riletto” le leggi anti-inquinamento e hanno concesso ai tribunali la possibilità di emettere condanne di morte nei casi più gravi che “danneggiano la salute pubblica e la sicurezza nazionale”. Nel frattempo, secondo i dati di alcune Ong nel 2011 circa 10mila persone sono morte in maniera prematura a causa dell’inquinamento prodotto dal carbone.
La nuova interpretazione giudiziaria è entrata in vigore ieri e impone “punizioni più severe” per chi infrange le leggi di tutela dell’ambiente. “Grazie a criteri più precisi, ora i giudici hanno armi legali più potenti per punire chi inquina. Tutte le forze disponibili devono impegnarsi in questa battaglia”.
La questione ambientale è sempre più una spina nel fianco del governo cinese, che negli ultimi 30 anni ha portato avanti una politica di sviluppo industriale selvaggio che ha prodotto danni enormi all’ambiente. Negli ultimi anni la popolazione ha iniziato a ribellarsi e, tramite proteste sociali sempre più veementi, è riuscita a ottenere in alcuni casi la chiusura di impianti e fabbriche inquinanti.
Tuttavia la situazione non può migliorare senza nuove politiche ambientali. A Pechino e in tutto il nord del Paese i livelli di inquinamento dell’aria hanno raggiunto lo scorso inverno valori record, costringendo la gente a rimanere in casa per diversi giorni consecutivi. Inoltre, l’inquinamento ha creato disagi enormi alla produzione di alimenti sempre più nocivi per la salute.
Secondo Greenpeace, infine, nel 2011 sono morte 9.900 persone a Pechino, Tianjin e nella provincia dell’Hebei a causa dell’inquinamento causato dalle centrali elettriche a carbone. Oltre ai decessi, secondo uno studio condotto dal gruppo ambientalista, le emissioni dannose hanno provocato anche 11.110 casi di asma e 12.100 casi di bronchite.

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